venerdì 25 dicembre 2015

HERPES LABIALE


Meglio conosciuto come “febbre sulle labbra”, l’Herpes labialis è la patologia più diffusa nel genere umano.
In Italia una persona su tre dichiara di avere sofferto almeno una volta nella vita di questo fastidioso problema ed il 15% degli adulti dichiara di avere avuto una recidiva erpetica nell’ultimo anno.
L’agente responsabile è lHerpes simplex virus di tipo 1 (HSV-1) ed il 90% della popolazione è portatrice di questa variante del virus; una seconda variante (HSV-2) è responsabile solo di un 2% dei casi.
Se il virus infetta soggetti che non l’hanno mai contratto in precedenza si ha l’infezione primaria erpetica; dopo questa infezione il virus rimane nell’organismo in una fase di latenza e successivamente, in presenza di particolari condizioni, può riattivarsi e manifestarsi in modo ricorrente e circoscritto.
Il periodo di incubazione è di 10 giorni, l’infezione si presenta con febbre ed una faringite erimatosa seguita da un’eruzione vescicolare nel cavo orale e sul labbro, in seguito poi le vescicole si uniscono ulcerandosi e formando chiazze aftoidi di colore grigio-giallastre. Il dolore è di solito molto intenso e questo rende difficile l’ingestione di qualsiasi alimento. La guarigione si ha in 10 – 15 giorni e nei bambini l’infezione può propagarsi anche in altre parti del corpo.
La variante HSV-2 si manifesta come infezione ai genitali e colpisce la popolazione sessualmente attiva, l’incubazione è di 5 giorni ed è seguita da un’eruzione vescicolare su base eritematosa localizzata. In una fase successiva si ha la rottura delle vescicole; nelle donne in concomitanza può presentarsi vaginite essudativa accompagnata da febbre e malessere generale. In genere la guarigione avviene in 15- 20 giorni.
Al termine dell’infezione primaria il virus penetra nelle terminazioni nervose dell’epidermide e lì rimane in uno stato latente.
Nell’infezione secondaria il sistema immunitario dà una risposta più rapida ed efficace limitando l’infezione ad un’area localizzata attorno all’estremità del nervo coinvolto: compaiono quindi poche vescicole sulle labbra e solo di rado all’interno della bocca.

Cause:
Si è appurato che il primo contatto con il virus HSV-1 avviene soprattutto nei primi anni di vita tramite un’infezione chiamata gengivostomatite erpetica, che si manifesta con lesioni alla mucosa del cavo orale e delle labbra che provocano dolore e fastidio sia a livello fisico che psicologico, in quanto l’aspetto esteriore è temporaneamente compromesso; non di rado i pazienti, soprattutto adulti, che soffrono di questo problema presentano i sintomi dell’ansia e sentono il bisogno di isolarsi a causa di un sentimento di vergogna ed imbarazzo.

Sintomi:
L’infezione primaria da HSV-1 è spesso asintomatica, la maggior parte degli adulti sono infatti portatori di anticorpi senza avere avuto episodi evidenti della patologia; nei casi sintomatici l’infezione presenta numerose forme cliniche possibili, tuttavia la più comune la gengivostomatite erpetica che si osserva più frequentemente in età pediatrica dai 2 ai 5 anni.
Le fasi chiave dell’Herpes labialis ricorrente sono essenzialmente quattro.Fase prodromica, in cui il soggetto può avvertire dei sintomi specifici come pizzicore, prurito, bruciore e dolore. Questa fase dura da poche ore ad un giorno e si è già potenzialmente contagiosi, anche se non si sono ancora formate le vescicole. Riconoscere questi sintomi anticipatori è di grande aiuto in quanto l’applicazione di preparati topici antivirali riduce l’ampiezza delle lesioni cutanee.Fase delle vescicole, che possono diventare grandi dai 2 ai 5 mm ripiene di liquido giallognolo.Fase ulcerosa, in cui le pustole scoppiano e confluisco a formare un’unica grande ulcera dolente di colore grigio. Il liquido che fuoriesce è ancora molto contagioso.Fase della crosta dura, in cui la crosta molle già formatasi diventa via via più dura ed assume un colore rosso scuro. In questa fase il soggetto può lamentare prurito e dolore dovuto al sanguinamento della crosta. A questo punto il soggetto non è più contagioso.
Trasmissione:
Il virus HSV-1 è molto contagioso e si trasmette per contatto diretto fra persone: o tramite le lesioni erpetiche, oppure tramite la saliva di portatori sani.
Quindi può avvenire tramite lo scambio di effusioni tra una persona infetta ed una non infetta, tramite lo scambio di oggetti infetti come stoviglie, asciugamani, rasoi, spazzolini ecc. Oppure un soggetto colpito può autocontagiarsi cioè trasmettere il virus in altre parti del corpo come il naso o l’occhio.
Al soggetto colpito si raccomanda di non toccarsi le vescicole e di seguire un’accurata igiene generale, lavarsi spesso le mani soprattutto prima di maneggiare oggetti condivisi.
In ultimo da ricordare che i virus HSV-1 ed HSV-2 possono contaminare sia la zona orale che la zona genitale: l’Herpes labialis può essere trasmesso ai genitali attraverso contatto oro-genitale dando origine ad Herpes genitale secondario ed al contrario può avvenire che l’Herpes genitale possa essere trasmesso a livello orale dando origine ad Herpes labialis secondario.
Pericoli:
L’Herpes simplex dell’occhio rappresenta una delle cause più frequenti di cecità infettiva nel mondo.
Il rischio più rilevante della forma genitale è quello legato alla gravidanza.
Durata:
Il periodo di guarigione dell’infezione secondaria da HSV-1 di norma si aggira intorno ai 9 – 11 giorni, talvolta persiste una macchia rossastra che si attenua con il passare del tempo, mentre l’infezione da HSV-2 ha un tempo di guarigione leggermente più lungo e la lesione può essere più accentuata soprattutto per il sesso femminile.
Cura e terapia:
Il trattamento più efficace per questo tipo di infezione è costituito da un agente antivirale in grado di bloccare la moltiplicazione del virus contribuendo ad abbreviare i tempi di guarigione. I due farmaci più usati sono aciclovir (come generico, oppure come Zovirax, Cycloviran, …) e penciclovir, (Vectavir) soprattutto ad uso topico.
L’aciclovir si è dimostrato efficace se applicato nella fase prodromica, mentre lo è molto meno se usato solo nella fase vescicolare. E’ di fondamentale importanza ai fini di una corretta terapia l’applicazione di uno strato di crema ogni 4 ore (notte esclusa) per almeno 5 giorni fino ad un massimo di 10.
Il penciclovir fornisce risultati soddisfacenti indipendentemente dalla fase di sviluppo della lesione erpetica. L’applicazione topica del penciclovir è in grado anche di attenuare il dolore, la crema va applicata sulla zona infetta ogni 2 ore per 4 giorni consecutivi.
Se le recidive erpetiche sono frequenti è consigliabile ricorrere alla somministrazione di un antivirale per via sistemica su consiglio medico.
I vaccini sono ancora in fase di studio.
Prevenzione:
I fattori che contribuiscono alle recidive erpetiche sembrano dipendere dallo stato generale del sistema immunitario, pertanto i seguenti fattori sono quelli più incriminati:
·         forte stress,
·         febbre,
·         malnutrizione,
·         sbalzi ormonali,
·         malattie da raffreddamento o influenza,
·         gravidanza,
·         trauma locale (interventi odontoiatrici, chirurgia estetica, rasatura),
·         esposizione a temperature estreme,
·         esposizione ai raggi ultravioletti.
Evitando questi fattori di innesco spesso è possibile prevenire o diminuire la gravità dell’Herpes labialis.


GENGIVOSTOMATITE HERPETICA :
le manifestazioni di questo virus nel cavo orale sono denominate Gengivostomatite (da distinguersi dalla Stomatite Aftosa)

L'herpes simplex primario (tipicamente contratto da bambini) determina la gengivostomatite erpetica acuta. Essa di solito è dovuta al virus herpes simplex tipo 1 (ma, attraverso il contatto oro- genitale, può essere dovuta al virus herpes simplex tipo 2) .Esordisce con piccole vescicole che si rompono formando ulcere. Quando nelle fasi iniziali è localizzata, può somigliare alla stomatite aftosa, ma l'herpes primario colpisce sempre la gengiva aderente e può interessare altri tessuti, mentre la stomatite aftosa non colpisce mai la gengiva aderente. Può presentarsi con febbre.Il dolore spesso è così intenso che il paziente non riesce ad alimentarsi o addirittura a bere. L'infezione tipicamente dura da 10 a 14 giorni. Il virus si stabilizza nel ganglio semilunare (centro nervoso)dove rimane in fase di latenza per periodi di diversa lunghezza.Lo stress, alterazioni del sistema immune o trauma possono successivamente riattivarlo.
Il trattamento è sintomatico. Esso comprende analgesici sistemici (p. es., paracetamolo) e anestetici topici applicati direttamente con una garza (p. es., una soluzione di diclonina allo 0,5% o una pomata di benzocaina al 2-20%). Quando sono colpite aree molto vaste, la lidocaina viscosa al 5% può essere utilizzata per gli sciacqui orali 5 min prima del pasto. (Nota: la lidocaina non deve essere deglutita poiché anestetizza l'orofaringe, l'ipofaringe e a volte l'epiglottide. I bambini devono essere tenuti in osservazione per escludere segni di inalazione.)
Le eruzioni dell'herpes simplex secondario si verificano come ulcere fredde sul bordo vermiglio del labbro o, molto meno comunemente, come ulcerazioni della mucosa del palato duro. Di solito, un paziente presenta delle sensazioni prodromiche, tipicamente un prurito o un bruciore del labbro. Durante la fase prodromica, il trattamento PO con aciclovir alla dose di 200 mg cinque volte al giorno può diminuire la durata e la gravità delle eruzioni, mentre la somministrazione dell'aciclovir per via topica non è efficace. La durata delle lesioni può essere ridotta a circa un giorno applicando una pomata di penciclovir all'1% q 2 h al risveglio. Questo trattamento deve essere iniziato durante la fase prodromica o subito dopo la comparsa della prima lesione.



SBIANCAMENTO DENTALE (BLEACHING)



Denti bianchi e curati rappresentano un ottimo biglietto da visita, capace di rendere più gradevole non solo il sorriso, ma anche l'aspetto generale di una persona; come è possibile allora riportare i denti ad avere un aspetto così luminoso? La tecnica utilizzata in odontoiatria è quello dello sbiancamento dentale: è un trattamento estetico che rimuove le pigmentazioni che macchiano i denti, il cui obbiettivo è ricreare un colore bianco e luminoso. Per capire quali sono le indicazioni ed i limiti di tale tecnica, dobbiamo per prima cosa individuare le diverse cause di queste macchie:


Fattori intrinseci: includono le discromie irreversibili (cioè non risolvibili con lo sbiancamento) dovute all’assorbimento di molecole cromogene all'interno di smalto e dentina, durante le fasi dello sviluppo dentale o dopo l’eruzione degli elementi dentari. Sono legate a lesioni della camera pulpare (emorragia intrapulpare, necrosi, calcificazione con deposito di dentina terziaria), terapia endodontica, difetti congeniti (fenilchetonuria, fibrosi cistica, iperbilirubinemia congenita, amelogenesi e dentinogenesi imperfecta), assunzione di farmaci (tetracicline, fluoro).
Fattori estrinseci: includono le pigmentazioni giallo-brune superficiali provenienti dall'esterno, che interessano esclusivamente lo smalto. Sono legate al consumo di cibi particolarmente colorati (esempio liquirizia), bevande (es caffè ), fumo di tabacco, uniti ad una scarsa igiene orale e al procedere dell’età (che determina assottigliamento dello smalto e incremento della dentina) inducono appunto la formazione di macchie sulla superficie dentale.E' su queste pigmentazioni che si può facilmente intervenire eliminandole.

Le tecniche di sbiancamento possono essere PROFESSIONALI (quindi eseguite nello studio dentistico ) o DOMICILIARI (a casa).



SBIANCAMENTO PROFESSIONALE:
Questa procedura sfrutta l'azione di agenti sbiancanti chimici ad alta concentrazione, potenziati da specifiche lampade che ne favoriscono l'azione in profondità. Il mezzo sbiancante più diffuso è costituito da un gel a base di perossido di idrogeno al 35-38% c.a.; altre sostanze utilizzate sono: perossido di carbammide (molecola organica che rilascia perossido di idrogeno e urea; al 10% equivale al 3,5% di perossido di idrogeno), perborato di sodio (mono-,tri- e tetra-idrato mescolato con perossido di idrogeno) e ossido di calcio.
Queste sostanze, una volta esposte a particolari fonti luminose, si attivano liberando ossigeno. Una volta liberato, l'ossigeno penetra nella struttura del dente, innescando reazioni di ossido-riduzione che scompongono le molecole delle macchie in composti più piccoli, incolori e facilmente eliminabili.
L'intensità dello sbiancamento dipende dalla concentrazione del principio attivo e dal suo tempo di applicazione.
I VANTAGGI di un intervento professionale sono che garantisce il miglior risultato possibile, minimizzando effetti indesiderati come eccessiva sensibilità termica ed irritazione gengivale. Questi disturbi vengono prevenuti proteggendo le gengive, la lingua e le labbra con presidi utili anche per aumentare il confort della seduta (generalmente si impiegano mascherine personalizzate in silicone morbido). Leggere gengiviti tendono comunque a presentarsi al termine del trattamento, salvo poi regredire spontaneamente nelle 24-48 ore successive.
Questa tecnica prevede la totale assenza di altre patologie a carico dei denti, come ad esempio carie, gengiviti o tartaro. L'intervento, inoltre, è sconsigliato ai ragazzi di età inferiore ai 14 anni e alle donne in gravidanza o in periodo di allattamento. Dopo la seduta è importante evitare per almeno 24 ore il fumo e l'assunzione di cibi e bevande coloranti.



Successo dello sbiancamento:
La durata del trattamento e le aspettative sul risultato dipendono dall’eziologia delle macchie (difetti genetici o di sviluppo, cambiamenti relativi all’età, colorazioni estrinseche, aspetti intrinseci) e dalla diagnosi, così come dall'agente sbiancante scelto e dalla modalità di applicazione. In generale, le macchie scure rispondono bene allo sbiancamento, mentre le macchie bianche non subiscono cambiamenti, sebbene tendano a risultare meno evidenti perché il contrasto con i denti vicini si attenua.  I denti normalmente sbiancano in un tempo compreso tra 3 giorni e 6 settimane. Le macchie di nicotina possono impiegare 1-3 mesi e le macchie da tetracicline 2-6 mesi o più . Il tipo di macchia ed il colore iniziale del dente vanno tenuti in considerazione; le pigmentazioni localizzate al colletto dell’elemento dentario, quelle di colore grigio scuro o blu e le discromie severe da tetracicline sono difficili da trattare.

SBIANCAMENTO DOMICILIARE:
In questo caso NON ci si riferisce agli approcci empirici e fai-da-te, dal costo generalmente contenuto, come ad esempio l'impiego di dentifrici abrasivi, infatti un utilizzo eccessivo o improprio di questi prodotti può logorare lo smalto dentale, con conseguente ingiallimento dei denti; la loro efficacia, inoltre, si limita alla rimozione delle macchie più superficiali.
Per lo sbiancamento domiciliare  si intende quella tecnica  in cui il dentista realizza nel suo studio mascherine personalizzate in silicone morbido, riproducenti l'esatta forma delle arcate dentarie del paziente; successivamente all'interno di queste mascherine viene inserita la giusta quantità di sostanze sbiancanti in gel (come il perossido di carbamide) e si procede con l'applicazione sui denti. Mantenendole in sede per un tempo variabile dai 30 minuti alle 3-4 ore (secondo le indicazioni del dentista) e ripetendo l'operazione per circa una settimana, si ottiene un ottimo effetto sbiancante (paragonabile al bleaching alla poltrona). Generalmente, la durata dell'effetto è di circa 5-6 anni, ammesso che nel corso di questo periodo si effettuino richiami di breve durata.
Un altro intervento domiciliare molto praticato si avvale delle cosiddette "strips", striscette adesive a base di agenti sbiancanti che vanno fatte aderire ai denti per 30 minuti, 2 volte al dì, per 14 giorni. Economico, pratico e con un basso rischio di ipersensibilità dentinale) , questo trattamento presenta tuttavia una scarsa efficacia, richiede tempi abbastanza lunghi ed i risultati sono garantiti soltanto per pochi mesi.


EFFETTI COLLATERALI:
1. Aumento transitorio lieve/moderato della sensibilità dentale riscontrabile durante e dopo il trattamento nei 2/3 dei pazienti sottoposti a sbiancamento dei denti vitali, riconducibile ad una pulpite reversibile scatenata dall’agente sbiancante ed amplificata dalla disidratazione dentale. Può essere affrontata mediante fluoroprofilassi topica (occlusione dei tubuli dentinali e riduzione del fluido dentinale) o applicazione di nitrato di potassio che ha un effetto analgesico sulla trasmissione dell’impulso nervoso.
2. Riduzione della microdurezza dello smalto esposto agli agenti sbiancanti clinicamente non significativa e capace di regredire spontaneamente in seguito al contatto con la saliva (elettroliti salivari).
3. Irritazione dei tessuti molli: concentrazioni maggiori o uguali al 10% di perossido di idrogeno possono provocare danno cellulare, ulcerazione gengivale e bruciore mucoso e cutaneo. Clinicamente è possibile apprezzare la comparsa di una chiazza rossastra che lascia il posto ad una lesione di colore chiaro che tende a risolversi in tempi rapidi senza lasciare danni permanenti. E' quindi fondamentale una protezione dei tessuti molli .
4. Alterazione del gusto. E’ possibile che il paziente riferisca di avvertire la sensazione di un gusto metallico immediatamente dopo lo sbiancamento e per alcune ore .
5. Incremento della temperatura intrapulpare : associata ad un potenziale danno pulpare, viene registrata in corso di trattamento sbiancante con perossido di idrogeno quando si ricorre all’ausilio di sorgenti di attivazione (luce alogena, LED, laser) per accelerare il processo. Le sorgenti luminose aumentano la velocità di decomposizione del perossido di idrogeno e quindi di rilascio di radicali liberi capaci di ossidare i pigmenti scuri. Le sorgenti di attivazione che generano calore possono indurre espansione del fluido contenuto nei tubuli dentinali, determinando iperemia pulpare ed ipersensibilità post sbiancamento.
6. Alterazione della trama superficiale delle otturazioni in composito e dell’interfaccia smalto-composito:  lo sbiancamento produce alterazioni della topografia di superficie con predominanza di aree di depressione che favoriscono l’accumulo di placca ed innalzano il rischio di carie e patologie parodontali. L’interfaccia smalto-composito, al contrario, non subisce alterazioni dopo trattamento sbiancante.
7. Riassorbimento cervicale associato allo sbiancamento del dente non vitale qualora non si allestisca un opportuno isolamento.









lunedì 7 dicembre 2015

LA GENGIVITE




Aspetto gengive sane vs gengivite




Descrizione clinica:
La Gengivite è l'infiammazione che interessa le gengive.
I sintomi principali sono: gonfiore e arrossamento delle gengive soprattutto nella zona circostante il colletto dei denti e a livello delle papille interdentali, dolore e sanguinamento durante lo spazzolamento.
Le gengive si presenteranno quindi con un aspetto più  lucido e prive del normale aspetto a buccia d'arancia, talvolta potrebbe presentarsi anche alito pesante.


Azione della placca
Cause:
Le cause sono molteplici: predisposizione genetica; stress; carenze nutrizionali (tra cui le vitamine C, A, B2 e B12); patologie sistemiche come il diabete; squilibri ormonali (ad esempio durante il ciclo mestruale, la menopausa o la gravidanza); il fumo; farmaci (cortisonici, ciclosporina, immunosoppressori antiepilettici, calcioantagonisti, contraccettivi orali, antiipertensivi: questi farmaci sono legati a iperplasia gengivale).
La causa principale è però la placca batterica: la scarsa igiene orale determina l'accumulo di resti di cibo e di batteri che inducono la reazione infiammatoria dei tessuti molli (gengive).



Prevenz
Prevenzione:
Nella prevenzione della gengivite, il protagonista e' sicuramente lo spazzolino: una corretta igiene orale è fondamentale; è consigliato lavarsi i denti e passare il filo interdentale almeno 3 volte al giorno dopo i pasti principali per prevenire l' insorgenza di questa patologia. È  importante anche eliminare i fattori di rischio come il fumo e seguire una dieta equilibrata che includa quotidianamente frutta e verdura ricche in vitamine.


Terapia:
In caso di gengivite è  necessario rivolgersi al proprio dentista che nella maggior parte dei casi sottoporrà  il paziente a sedute di igiene professionale.
Ricordiamo che la gengivite è  una malattia totalmente risolvibile in tempi più o meno brevi a seconda della gravità: indicativamente per gengiviti lievi occorreranno circa due settimane mentre per le forme più gravi anche a un mese.